mercoledì 18 dicembre 2019

“Noi separati” di Daniela Biancotto



 “Noi separati”
 di Daniela Biancotto

“Noi separati”, di Daniela Biancotto, edito da “Araba Fenice”, è un romanzo autobiografico che narra la storia di una separazione e della sofferta e combattuta rinascita a essa legata. Una storia attuale nella quale molti potranno rispecchiarsi.
“La separazione è un cambiamento così profondo che disorienta. Sono minacciate la sicurezza e la stabilità personale” – afferma l’autrice piemontese che ha al suo attivo altre tre pubblicazioni, oltre a vari inediti, in prosa e in poesia, e che si è distinta in svariati premi letterari, nazionali e internazionali.
Narrando la sua esperienza, Daniela Biancotto mostra ai separati la via per passare dall’oscurità alla luce uscendone caratterialmente più forti e sviluppando una buona dose di empatia.
Il romanzo è acquistabile anche nei principali store on line.




martedì 17 dicembre 2019

"Dove dormono le stelle" di Cresy Caradonna

 
 
Dove dormono le stelle
al suono di un canto di Natale
cullata da lindi veli
intrecci le gracili braccia
in un sonno ristoratore.

Quante notti insonni
quante ninna nanne d’amore
quanti palpiti profusi
quelle braccia hanno amato.

Brilla questa notte la stella del Natale
un biondo bambino è nato
una madre stringe a se’ l’eternità.

Dove dormono le stelle
una vecchia madre ripensa a suo figlio lontano.

E’ la notte di Natale.

Crescenza Caradonna
 ©

GUIDO GOZZANO UN POETA DAL CUORE BAMBINO di Eduardo Terrana


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GUIDO GOZZANO UN POETA DAL CUORE BAMBINO 

di Eduardo Terrana 

Guido Gozzano nasce il 19 dicembre del 1883 ad Agliè Canavese ( provincia di Torino) in una famiglia ricca e borghese. Conseguita la maturità classica, si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, ma è maggiormente attratto dalle lezioni del critico e poeta Arturo Graf, che segue volentieri. Non completerà mai gli studi universitari intrapresi A Torino stringe amicizia con diversi altri letterati con i quali costituisce il gruppo dei poeti crepuscolari torinesi. Partecipa attivamente alla vita culturale e mondana della Torino d’inizio secolo. E’fervido ammiratore dell’attrice Emma Gramatica e di Lydia Borrelli. Nel 1907 pubblica la sua prima raccolta di poesie “La via del rifugio” e inizia una intensa relazione culturale e sentimentale con la poetessa Amalia Guglielminetti; si manifestano, però, i primi gravi sintomi della tubercolosi, per cui soggiorna in vari luoghi di cura. Nel 1909 la madre viene colpita da paralisi. La malattia accentua le preoccupazioni economiche aperte dalla morte precoce del padre e il poeta è costretto a vendere la villa di Agliè, in cui era nato. Nel 1910 pubblica la seconda raccolta di poesie “I colloqui”, che è considerata la sua opera maggiore. La raccolta rappresenta l’autobiografia sentimentale ed ideologica del poeta. Nel 1912 effettua un viaggio in India, sperando di trovare in quella lontana terra rimedi miracolosi alla sua malattia. Ritorna deluso a Torino dove tra il 1914 e il 1916 pubblica su “La Stampa”: “Le Lettere dall’India.” Inizia a lavorare al poemetto “Le Farfalle”, che però non riuscirà a portare a compimento, sopraggiunge, infatti, il 9 agosto del 1916, la morte che lo coglie, ancora giovanissimo, a Torino, all’età di 32 anni. Tra i crepuscolari Gozzano è il più significativo. E’ la sua una poesia schietta, nella quale si ritrovano molte immagini simboliche del poeta crepuscolare in genere: gli ospedali, gli organetti, le belle solitarie, i giardini chiusi, i conventi, tutte venate però di una soave ironia che lo distingue, in modo rimarchevole e che è espressione della sua mancata adesione al mondo rappresentato dalla poesia crepuscolare ritenuta, ingenuamente, provinciale. Perciò quelle immagini e quelle situazioni piccolo-borghese dei poeti crepuscolari , che definirà: “buone cose di pessimo gusto”, Gozzano li accetta in parte e se ne serve poeticamente, in un difficile equilibrio, tra affetto ed ironia, rievocazione e sorriso. Amante della letteratura e della vita elegante, Gozzano aspira ad una vita semplice, in grado di sottrarlo alle complicazioni intellettualistiche ed estetizzanti, ma ha consapevolezza di non poter realizzare questa sua aspirazione, da ciò ne deriva : il vagheggiamento del passato ; il rifugiarsi nel sogno; il rimpianto delle cose non godute a suo tempo; l’amore per le piccole cose domestiche; il desiderio di spazi limitati, familiari; la paura del tempo che tutto travolge. Ma il poeta sa anche contemplare con distacco questo suo fallimento, sorridendone, da qui l’ironia che avvolge la sua poesia migliore. Gli esordi poetici di Gozzano sono dannunziani, ma presto il poeta se ne distaccherà alla ricerca di toni e moduli poetici più originali. Nella figura di Totò Merùmeni, omonima poesia della raccolta “I Colloqui “, Gozzano tratteggia un ironico autoritratto, sotto un nome ricavato dal titolo di una commedia di Terenzio “Heautòntimorùmenos = il punitore di se stesso”, che risulta essere l’esatto opposto dell’eroe dannunziano perché incapace di aderire al ritmo dell’esistenza, disilluso e scettico, consapevole dell’inutilità della vita. Nel sonetto “La morte del cardellino” il poeta ci offre un saggio della delicatezza e dell’umanità della sua poesia. Il poeta manifesta il desiderio che sulla sua tomba, “fossa della sua pace”, potesse non mancare il pianto sincero del piccolo nipotino “Tita”, diminutivo di Battista; l’affetto puro e innocente del nipotino sarebbe l’estrema suprema consolazione. Il rimpianto per una vita che poteva essere gioiosa e serena e non lo è stata è il motivo della lirica “I Colloqui”, come della raccolta omonima. Il poeta ha solo venticinque anni ma sente su di sé il peso dell’età della “orrida vecchiezza “spaventosa. La realtà lo tormenta e riempie di tragicità la sua già dolorosa esistenza. Ma per quanto avverta ripulsa per tale odiosa realtà, egli non trova la capacità di ribellarsi, anzi prova a trovare rifugio in un mondo virtuale in cui ricrea, dalle sue memorie, il fantasma di quella vita serena che gli è stata negata. Bisogna attendere sereni la morte. Evento questo al quale il poeta si prepara con animo tranquillo, conscio che il male che lo affligge, la tisi, non gli lascia altro scampo. Il poeta, allora, canta l’attesa della fine senza rimpianti e senza lacrime e si rivolge al suo “cuore bambino”, ancora aggrappato ai rapiti sogni della vita, perché abbandoni quelle illusioni e non si arrenda alla disperazione. Nell’animo del poeta c’è tutto l’amaro rimpianto di una età giovane tanto desiderata quanto mai goduta, di una mai vissuta ed ormai irrecuperabile felicità, che il poeta rappresenta nel poemetto “La Signora Felicita ovvero la Felicità “, tutta racchiusa in un ideale di vita semplice, patriarcale, con una donna a fianco, in una villa di campagna, dove la sera giocare a carte con le autorità del paese. Trova comunque, nei versi che chiudono il componimento “Salvezza” il modo di una ironica rassegnata accettazione, che maschera l’angoscia dell’anima. Per quanto sin qui detto, si può, in conclusione, affermare che Guido Gozzano apre un nuovo capitolo nella poesia italiana perché attua un processo di demitizzazione della stessa facendo piazza pulita di tutte le concezioni preesistenti e dichiara, primo fra tutti, la precarietà della poesia e la sua incapacità di comunicare messaggi definitivi. Gozzano, però, è importante non solo per la sua concezione, nuova e demistificante della poesia, ma anche per le novità ad essa apportate anche sul piano formale, realizzando moduli stilistici , colloquiali e prosastici, ma solo in apparenza, perché in realtà oltremodo raffinati. E la sua tecnica di fare prosa in versi aprirà la strada a toni e moduli assolutamente innovativi che avranno poi notevole influenza sulla poesia contemporanea e sviluppo nel corso del novecento. Da qui il giudizio positivo unanime della critica che vede in Gozzano, oltre che un testimone fedele, seppur ironico, della crisi del suo tempo, soprattutto un novatore della poesia e della funzione stessa del poetare. 

Eduardo Terrana
Saggista e Conferenziere Internazionale su Diritti Umani e Pace 

Tutti i diritti riservati all’autore.





PUGLIA D'AMARE QUOTIDIANO D'INFORMAZIONE

-REGIONALE NAZIONALE ESTERO-


martedì 10 dicembre 2019

Recuperiamo Solidarietà Umanità e Valori di Eduardo Terrana

Recuperiamo Solidarietà Umanità e Valori

 di Eduardo Terrana



 Il 10 dicembre 1948 l’ Assemblea delle Nazioni Unite proclamò la “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” della quale ricorre quest’anno il 70° anniversario. Pace e sicurezza, sviluppo socio-economico, diritti umani , lotta contro la discriminazione nei confronti delle donne, erano i pilastri su cui si voleva ricostruire il mondo distrutto dalla seconda guerra mondiale. L’umanità intera ha vissuto in questi 70 anni la grande speranza del cambiamento e del rinnovamento su scala mondiale che realizzasse per tutti gli esseri umani e per tutti i popoli della terra i principi e i valori sanciti dalla Dichiarazione. Anno dopo anno purtroppo, da quel lontano 10.12.1948, le illusioni e le speranze hanno lasciato sempre più il posto alla delusione non essendosi realizzati i contenuti e i valori della “Dichiarazione Universale “, che mai come in questo momento sono necessari per riuscire a costruire una società più giusta, basata sui principi dell’uguaglianza e della solidarietà. La realtà del mondo di oggi è purtroppo ancora quella di ” un mondo senza diritti.” Una realtà in cui per tanti bambini il regalo di Natale sarà il nugolo di bombe che sarà sganciato sulla loro testa e sui loro sogni; per tante donne le carezze di Natale saranno le mani sporche di sangue di chi li frugherà senza rispetto e senza ritegno anche nella loro più intima dignità; per tante famiglie il pranzo di Natale sarà la polvere che saranno costrette a ingoiare nel loro cammino alla ricerca di un approdo in una terra che li accolga e dia loro e ai loro figli la possibilità di un futuro , se e quando non saranno le onde del mare a seppellire i loro corpi per sempre. Una realtà in cui le cicatrici dei diritti violati si fanno sempre più gravi e più profonde: per la negazione dei diritti economici, sociali, politici e civili; per la presenza ancora massiccia di arresti arbitrari, torture, pena di morte, apartheid, razzismo, attentati alla vita ed alla integrità fisica, internamenti psichiatrici. Una realtà in cui non mancano: i Genocidi, le pulizie etniche, le esecuzioni sommarie, le scomparse di persone, gli stupri e i massacri di vecchi,donne e bambini, e la fame. Una realtà in cui si diffondono sempre più nuove forme di razzismo, l’odio per il diverso prevale sullo spirito di fratellanza e la solidarietà viene sempre meno. Per celebrare degnamente il 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani oggi più che mai urge riscoprire il senso della “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo” nei suoi valori e nei suoi principi di umanità e di convivenza civile che interessi economici, mire espansionistiche e il diffuso egoismo di certe minoranze che hanno, però, il potere di decidere delle sorti politiche, economiche e sociali, del mondo, sta cercando di smantellare. Non si può non rilevare che quando si parla di diritti umani di norma ci si riferisce a diritti che sono basilari per vivere in pace e in armonia, quali il diritto alla pace, il diritto all’uguaglianza, il diritto alla libertà, il diritto alla vita, e la “Dichiarazione Universale” ne cita altre 26, tutti a fondamento del rispetto che sempre va portato alla Persona Umana, senza nessuna discriminazione di razza, di genere, di ideologia, di religione. La “Dichiarazione Universale dei diritti umani “, pertanto, rappresenta ancora, un traguardo raggiungibile di crescita e di miglioramento della propria condizione e situazione di vita per tanti popoli e persone. Una speranza fondata che non può andare delusa e che impegna tutti i popoli e tutti i governi del mondo ad adoperarsi perché si realizzi, “ considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo. 

Eduardo Terrana 

Saggista e Conferenziere internazionale su diritti umani e pace Tutti i diritti riservati all’autore.



  STIAMO DALLA PARTE DEI DIRITTI E DELLE PERSONE
  Celebriamo degnamente i 71 anni della “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”






lunedì 9 dicembre 2019

Presentazione libro: VIAGGIO NELL'ABISSO Sfogo Decolorato di Mégane Deutou


Presso Portineria 21
Via Cairoli 137/A
Bari
Lunedì 16 dicembre 2019
ore 18:30


Presentazione libro:
VIAGGIO NELL'ABISSO Sfogo Decolorato
di Mégane Deutou


Presentano Luciano Anelli e Crescenza Caradonna.

Presentazione Video/Spot:
"NO VIOLENZA SULLE DONNE 2019"
-INGRESSO LIBERO-


https://wp.me/pbtu1c-3T



Seguiranno aggiornamenti e ospiti serata della prima presentazione in esclusiva su Bari del libro che tratta di vita vera e reale, che ha un epilogo certamente doloroso ma positivo per la protagonista affichè sia di sprono per tutte le donne che vivono le medesime situazioni.

Non perdete la presentazione

sabato 7 dicembre 2019

SERGIO CORAZZINI UN POETA PRECOCE DALLA VITA PRECOCE di Eduardo Terrana




SERGIO CORAZZINI
UN POETA PRECOCE DALLA VITA PRECOCE

di Eduardo Terrana

Sergio Corazzini nasce a Roma nel 1887. Vive una infanzia triste e povera a causa del fallimento del padre.
Giovanissimo è costretto dalla grave situazione economica familiare ad abbandonare gli studi ed a trovare lavoro presso una compagnia di assicurazione.
Il fatto segna la fine dei sogni coltivati nell'infanzia e intacca fortemente le sue aspirazioni.
Si ammala di tisi e la malattia lo porta alla morte a soli 20 anni. Muore, infatti, nel 1907.
Sergio Corazzini scrive precocemente di poesia. La sua prima raccolta ,“ Dolcezze”, è del 1904; seguono, nel 1905, “L'Amaro Calice” e “Le Aureole; del 1906 sono: “Piccolo Libro Inutile” , “Elegia” e “Libro per la sera della domenica.”
Si coglie nella poesia di Sergio Corazzini la desolazione del poeta sentimentale che con accenti vittimistici parla della propria tristezza, del proprio dolore e indulge alle lacrime ed al pianto.
Egli afferma di “ non essere un poeta, ma un piccolo fanciullo che piange, perché per esser detti poeti, conviene viver ben altra vita” , ce lo dice nella sua poesia più celebre “Desolazione del povero poeta sentimentale”, che è una vera e propria dichiarazione di poetica.
Qui il Corazzini, si negai una propria identità di poeta in un’immagine che poggia su un compiaciuto desiderio di annullamento e di autocommiserazione e ricerca nel silenzio, in una dimensione intimistica del proprio percorso esistenziale, contrassegnato da una forte spiritualità, il mezzo per comunicare e trovare Dio, nell’attesa che la morte lo liberi dai suoi patimenti. Si coglie nella lirica, per la prima volta, come osserva il Sanguineti, “il nodo della moderna poetica crepuscolare, che è il rifiuto stesso della poesia, proclamato, in modi patetici e dolenti.”
Ciò nonostante Corazzini vive la poesia come un grande amore, intensamente, e si rivela poeta originale , dalla ispirazione schietta e sofferta, tanto da rappresentare, per la critica, anche se il riconoscimento arriverà postumo, una voce di modernità, viva e fresca, che contribuirà allo svecchiamento della poesia italiana tanto sul piano della tematica intimistico - esistenziale quanto sul piano del rinnovamento del linguaggio poetico.
Sergio Corazzini è considerato il caposcuola del crepuscolarismo e la sua poesia, che si connota per la modernità stilistica, sia per la frantumazione cui sottopone il verso sia per le nuove soluzioni formali, come osserva il Guglielmino, si distingue per il tono di una dolente malinconia intesa come incapacità di aderire alla vita, ma che rivela i turbamenti dell’adolescenza nelle sue acerbità e nei suoi languori.
Il dimesso, il provinciale, ma anche oggetti, luoghi, paesaggi comuni, sono i temi crepuscolari che Corazzini contrappone polemicamente al lusso dannunziano e al mondo campagnolo del Pascoli.
Ma non manca il simbolismo, come si nota nella lirica “Toblack” in cui un luogo di cura per malati di tisi viene trasfigurato dal poeta in un luogo astratto, anticamera luminosa della morte, la cui attesa è considerata dal poeta un rifiuto della vita nella contemplazione delle “povere piccole cose “ di cui è fatta la trama della realtà “immagine terribilmente perfetta del Nulla”.
Nella poesia del Corazzini la natura rivive quasi sempre in termini di desolazione e di sgomento.
Ne è un esempio “Sonetto d’Autunno“ tutto giocato sul contrasto delle foglie ingiallite che in autunno si staccano dai rami degli alberi, come dall’animo del poeta cadono sogni e incanti giovanili.
Le foglie rinasceranno in primavera, ma le speranze del poeta non rinasceranno più, perché il suo cuore è morto per sempre ad ogni terrena illusione.

Eduardo Terrana
 
Saggjsta e Conferenziere Internazionale su Diritti Umani e Pace
Tutti i diritti riservati all’autore













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LaRedazione

venerdì 6 dicembre 2019

UN TÈ CON DIANORA di Dianora Tinti - Recensione di Mario Filocca


UN TÈ CON DIANORA
di Dianora Tinti

Leggere un capitolo di “VITE SBECCATE” è come prendere un tè con la scrittrice, che ci racconta storie “vere” di sé, di amiche, di amici delle amiche. È sereno distacco il suo o tenera consapevolezza, raccontata con quel garbo stilistico che emoziona il lettore evoluto?
Normalmente il lettore è attratto dalla storia narrata, è incuriosito dagli eventi che si succedono e desidera arrivare presto a conoscerne la conclusione: non è così per questo bel romanzo di Dianora Tinti che riconferma di essere una penna affilata intrisa nelle gioie, nelle sofferenze, nelle inadeguatezze delle nostre vite.
Con la storia di Viola si intersecano altre storie di vite sbeccate, di personaggi che prendono man mano forma ed ai quali ci si affeziona: ed ecco che l’interesse del lettore è rivolto a quello che i protagonisti, capitolo per capitolo, provano in ogni momento della loro evoluzione emotiva, ai loro sentimenti in perenne mutazione, all’evolversi delle loro vite.
La narrazione avvince perché i loro mutevoli moti d’animo sono i nostri, quelli di chi ci vive accanto, quelli degli sconosciuti che  incontriamo per strada.
Viola sposata con Federico, in un tiepido rapporto di convivenza che non appaga le sue fantasie, incontra l’amore sconvolgente di Andrea che “catturava per lei il pulviscolo dorato”; non può trattenersi dal buttarsi felice nell’abisso innescando momenti di felicità pura alternati a inevitabili sensi di colpa.
“E lei lo strinse come fosse un gesto lenitivo, imprigionato in qualche recesso misterioso del suo corpo e capace di liberare dal dolore”
Le morti, però, tutto scompigliano e quella di Andrea scompiglia la vita di Viola: nasce così anche la vicenda di Angelo fratello di Andrea, che si sovrappone nell’animo di Viola all’immagine dell’amore perduto.
“A presto sussurrò Angelo lasciandola andare e pensando che la vita è proprio un gioco strano. Viola fece cenno di sì con la testa ed entrò nel taxi, con le dita di lui che le bruciavano sulla guancia.
Aliènor si presenta sulla scena scontrosa e scostante in veste di viziata figlia di una famiglia facoltosa; la sua vicenda che pian piano prende corpo finisce però con l’indurci ad amarla con tenerezza.  Gianluca all’inizio fugge da lei per un istintivo moto di avversione; se ne innamora quando ne conosce la vita intrisa di solitudine, soprusi e sofferenze, fragilità e violenze, “scricciolo con le ali spezzate”.
L’Amore di Gianluca:
“Accarezzò ancora la sua mano escoriata e fredda, sperando che si muovesse, invece restò ferma
Che ne sarà di loro? 
Anche   in Adriana, l’arida zia ricca “certa che tutto si può comprare, anche la serenità”, i sentimenti sepolti sotto una coltre di egoismo e superficialità alfine emergono in tutta la loro accorata consistenza.  Ed ecco che finalmente si sprigiona un tenero contatto umano con Clelia, la sorella al cui fianco Adriana ha vissuto per tanti anni senza mai comunicare, il personaggio che l’autrice ha fatto dormire fino alle ultime battute del romanzo per poi riportarla alla ribalta con le tristezze della sua vita agiata.
Non sono avvincenti storie, fra di loro intessute, che Dianora  Tinti ci racconta capitolo per capitolo come stessimo prendendoci un tè con lei: è la articolata e misteriosa vicenda umana , talvolta esaltante, talvolta drammatica, nel cui fragile  dipanarsi raccontato con amore  si riconosce ciascuno di noi. 
L’amore sembra vincere su tutto, anche se…
“Il tempo chiude le ferite, ma la verità non smette mai di bruciare.”


Mario Filocca



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